Tanto tempo fa io non ero io. Ero non-so-chi, ma sicuramente non ero io. O meglio, per quanto riguarda la mia intima essenza, beh quella è rimasta inalterata...la mia coscienza, la mia anima,il mio ideale trascendentale, chiamatelo come volete, quella cosa che senti dentro e ti fa capire di essere un individuo distinto e unico, quella cosa era come è ora.
Ma ecco,c'era tutto intorno a questa mia anima come uno strato di sporco verdastro...una sorta di muffa, un livello basso,infimo,riprovevole di vita. Quasi un parassita. Questo essere a me estraneo si era a tal punto e per così tanto tempo insediato dentro il mio corpo che lo riconoscevo come mio. Mi sembrava nella normalità e allo specchio stentavo a riconoscermi, ma mi convincevo che ciò fosse normale.
Poi un giorno successe che il mondo mi chiuse fuori, mi ecluse. O forse io mi nascosi dal mondo? Era buio anche quando splendeva il sole d'estate, non c'era la benchè minima presenza di colore, sapore o odore. Ero rinchiusa e c'ero solo io. In quel periodo, che ricordo ancora con ansia e ripugnanza, presi coscienza dolorosa di ciò che si era impadronito di me. Dapprima mi fece ancora di più limitare ogni contatto con il circostante, poi decisi che era giunto il momento di affrontare quel morbo che dalla nascita mi aveva eclissato l'anima.
Chiusa lì dentro, nel mio piccolo inferno di seta, le mie lacrime si fondevano ai miei silenzi. Sentivo solo un leggero tremore nel mio corpo, ogni giorno un poco più forte, come se ogni attimo mi avvicinasse sempre più ad un avvenimento che mi avrebbe permesso di rivedere la luce.
Ero chiusa nel mio dolore, in quarantena, da giorni, mesi, anni. Il tempo era impossibile da misurare...
Un attimo il mio cuore sembrò smettere di pompare sangue nel mio corpo immobile. Pensai che quella fosse la morte. Lo pensai e accettai questo pensiero, accettai l'eternità che mi vedeva prigioniera in me stessa. Lo accettai. Una grande calma si diffuse in tutte le mie membra, mi sentii come scogliere in un liquido caldo e vischioso.
Provai un brivido bollente dall'inguine e su su fino ai capelli e giù giù fino alle punte dei piedi. Emanai luce gialla dal petto, la mia pelle era trasparente, lasciava intravedere le vene gli organi i muscoli perfettamente funzionanti e tutti tesi verso quel grande piacere che era lì lì per giungere.
Non c'era luce fuori, proveniva da me. Non c'era sole, ero io la fonte di calore. Mi sentivo viva e quando mi mossi per abbracciare il mondo esterno che mi era stato negato per così tanto, notai che mi libravo nell'aria.
Non avevo più o stesso corpo, le mie zampe erano ali robuste e dipinte d'arcobaleno. Il mio corpo era leggero e sinuoso, i mei occhi percepivano ogni dettaglio più nascosto. Il mio olfatto era altamente sviluppato, sentivo odori di fiori di diverse specie, vedevo colori che quasi facevano male.
Le farfalle vivono molto poco, solo pochi giorni.
Ma quel poco che vivono è di un'intensità che non possiamo comprendere, come un orgasmo continuo che coinvolge ogni organo sensoriare.
Poi si spengono, stanche, sull'unico fiore che sa trattenerle a sè.
Il fiore più bello, profumato, il più esotico e intenso.
Il fiore che le mangia vive senza pietà e che si nutre della loro luce.
Il fiore carnivoro.
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