Inciampata in un vuoto di coscienza
la mia me sta faccia a terra
illudendosi di ritrovarmi
ora su un lato, ora sull'altro.
Respira calma sotto coperte d'inquietudine,
i suoi sogni sono pròtesi di banalità.
Ah! pensava, ella, di aver afferrato ciò che sfugge!
L'istante non si possiede, si accarezza.
Lei ancora non sa, non rivelatelo...
ma non la senti, sciocca, l'ansante presenza che pesa e affonda lentamente l'artiglio nel tuo giardino privato?
ma non le vedi quelle sbarre, i limiti che ti defiscono e incattiviscono, laggiù, dietro il simulacro di pelle e capelli che hai costruito tempo addietro?
non lo so dire, non lo so dire.
sorgente di fasulle acque! esse non spengono la sete, il Desiderio si estende, sommerge nidi e tane... infine sarà tardi per rimediare.
la mia me guarda e sorride, ma non con gli occhi. quelli stanno immobili, fissi su un orizzonte che è al di là, e altrove, non ci è consentito. i suoi occhi non le appartengono più, ora eros ha piena padronanza.
dunque sognamo carni tenere in cui addentrarci, per perdere in Altro quei timori brucianti che, allorpiù, definiscono con sempre maggior precisione i nostri margini...
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